martedì 24 dicembre 2013

Felice Natale a tutti

Auguro buone feste a tutti i lettori con un grande classico da riproporre puntualmente ogni anno, un po' come "Una Poltrona per Due" su Italia 1 (che detto francamente, ha un tantinello rotto i coglioni).

Ad ogni modo, Felice Natale. E buona mangiata alla faccia mia.




mercoledì 18 dicembre 2013

[OSPITI D'ECCEZIONE #2] Bioshock Infinite - History repeats itself



Torna, per la seconda volta in un solo mese, l'ospite d'eccezione del CasualGamerBlog, ossia quel Livio Achilli che ha già spezzato in due quel gran videogioco mancato che è Super Mario 3D World. Oggi, forse per un suo innato senso di masochismo, ci dice la sua su BioShock Infinite, il tanto osannato terzo capitolo della saga che "era un buco nell'acqua e ora è salita in cielo". Buona lettura.


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Tutti conoscono il primo Bioshock: è uno sparatutto in prima persona con alcune buone idee realizzate in modo discutibile, che aveva il suo peggior difetto nella giocabilità. A controbilanciare i diffetti c'è una narrazione perfetta, un'ambientazione particolare e ben caratterizzata ed una atmosfera fantastica lo innalzavano a vette decisamente alte. Altra caratteristica distintiva di Bioshock è l'uso di poteri soprannaturali. Poteri eterogenei in grado di risultare utili nella situazioni più disparate: controllo di macchinari ed automi meccanizzati di ogni tipo, poteri d'attacco di fuoco, folate di vento o veri e propri cicloni in grado di far perdere l'equilibrio agli avversari, controllo mentale e chi più ne ha più ne metta. Partiamo dalla fine. 



Bioshock poteva essere un capolavoro da ricordare negli anni, così com'è invece è un buon gioco, nulla di più. E' un gioco che nulla aggiunge al panorama degli sparatutto in prima persona ma che grazie ad un'ambientazione ed una narrazione di molto sopra le righe merita di essere giocato. Senza troppe pretese. Come dite? Devo recensire Bioshock Infinite? Ah beh, poco male. Valgono le stesse identiche parole, nessuna esclusa. Difatti Infinite, purtroppo, ripercorre la stessa identica strada percorsa dal capostipite della serie e ne eridita tutti gli errori. Irrational Games, devo considerare il nome della vostra compagnia come un modus operandi nel far giochi? Basta dirlo. Fine? Se volete sì. In realtà no. C'è tutta la recensione. Ma tanto è questo che la maggior parte della gente legge e tantovaleva darvelo in pasto subito, per togliersi il pensiero, tanto il counter del Blog di Pavo è comunque salito. 


domenica 15 dicembre 2013

[MY TWO CENTS REVIEW] Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato





Premessa: non ho visto Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, da pochi giorni nelle sale italiane, e questa non è quindi la recensione di quel film. Questa "recensione da due soldi" è infatti quella del primo capitolo.

Leggendola capirete perché non andrò al cinema quest'anno.

venerdì 6 dicembre 2013

[OSPITI D'ECCEZIONE] Mario è morto sull'Isola Delfino

Oggi non sarò io (Pavo) a scrivervi un pezzo. 
Bensì un ospite, molto gradito, ex collega ritiratosi a vita privata su di un eremo, meditando sul passato (glorioso), sul presente (nebuloso) e sul futuro (oscuro) dei videogiochi. E forse sulla gnocca.

Diamo quindi il benvenuto a Livio Achilli. E al suo viaggio in quel brutto pezzo di videogioco che è Super Mario 3D World.



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Ad un certo punto, abbastanza presto invero, ti ritroverai nella casa dei fantasmi, livello storico ed immancabile nella serie dell'idraulico italiano più famoso al mondo. Dopo aver schivato qualche fantasma ed aver superato alcune scale pericolanti, sul muro sporco e pieno di ragnatele troverai un quadro con un fantasma dipinto sulla tela. Quella scena è lo spartiacque che divide chi può capire quello che sto per scrivere e chi no. Se non ti viene l'immediato impulso di saltare dentro il quadro, puoi tranquillamente smettere di leggere questo articolo premendo la "X" in alto a destra del vostro browser. Amici come prima. Perdonami se ti do del tu senza conoscerti ma se sei saltato nel quadro allora abbiamo qualcosa che ci accomuna e non riesco a mantenere un tono formale, come dovrebbe essere.

Facciamo un passo indietro, anche due, vuoi?

lunedì 2 dicembre 2013

Quanto è bella la next generation


E' sempre bello quando inizia una nuova generazione. Perché come la metti la metti è un piccolo evento, soprattutto per gli addetti ai lavori, perennemente in febbrile attesa del fatidico "Day One" (puntualmente rotto dalle simpatiche catene di negozianti truffaldini). 

Ma è importante non dimenticare che prima di essere giornalisti del settore, siamo anche (e soprattutto) videogiocatori. Ergo, grazie alla generosità dei miei migliori amici (leggasi: scroccare), ho personalmente messo le mani sull'ottava generazione di console.


giovedì 21 novembre 2013

[MY TWO CENTS REVIEW] Breaking Bad (senza spoiler)




"All bad things must come to an end."

Iniziamo: trovo condivisibili molti degli elementi positivi evidenziati nelle migliaia di venerazioni che si trovano sul web, le quali, però, sembrano emergere principalmente da chi la serie l'ha seguita sin dagli albori, nell'ormai lontano 2008. 

Perché un telefilm, per entrarti dentro, devi "viverlo" assieme ai protagonisti ("si vive insieme, si muore da soli" no?). Io, invece, Breaking Bad me lo sono iniettato in vena in un mese e poco più, drogandomici manco fosse la metafentamina blu spacciata da Heisenberg. 

Ma ne è valsa la pena?


domenica 17 novembre 2013

mercoledì 30 ottobre 2013

[MY TWO CENTS REVIEW] Batman: Arkham Origins




Batman, dopo il ritorno al cinema nel 2005, 2008 e 2012, è diventato il beniamino di grandi e piccini. Al punto da vivere una seconda (o terza) giovinezza, dopo il calcio in culo assestato dai film con Val Kilmer e George "Lavazza" Clooney


Ma dopotutto, sono passati quasi 20 anni e come si suol dire, il tempo guarisce quasi ogni ferita. Ma per quanto riguarda il mondo dei giochini elettronici, Rocksteady Studios, coi primi due capitoli della serie Arkham (di cui non vi ammorberò con riassunti delle puntate precedenti), aveva ibridato l'atmosfera gotica dei seminali film di Tim Burton con un certo stile narrativo preso di peso dalla straordinaria serie animata di Batman degli anni '90 (quella con Cristina D'avena che cantava a squarciagola), partorendo prima un gioco d'avventura con una perfetta struttura alla Metroidvania (Asylum) e poi un Free Roaming Game assolutamente straordinario (City), quasi una ripartenza piuttosto che un sequel diretto del predecessore, capace di cagare in testa a tutti gli Assassin's Creed messi il fila indiana.


E ora, dopo le sconvolgenti rivelazioni del finale di Arkham City, il pubblico non vedeva l'ora di tornare a vestire i panni del pipistrello per la terza volta, coscenti del fatto che nulla sarebbe stato come prima in quel di Gotham (ma proprio nulla). E invece, nada: nel senso che non solo i ragazzi di Rocksteady sono missing in action (al loro posto arrivano gli sviluppatori di ... che hanno fatto questi?), ma per Batman: Arkham Origins si è addirittura optato per la facile strada del prequel, che narra un Cavaliere Oscuro più o meno inesperto combattere il team di villain sfigati, molti dei quali assolutamente sconosciuti anche per chi legge da vent'anni il fumetto come il sottoscritto (ora, siate sinceri, chi diamine li ha mai sentiti "Copperhead" o "Electrocutioner"?). 


E il gioco? Nella più classica tradizione del "ci piace vincere facile", WB Montreal ha furbescamente copia incollato le meccaniche perfette del predecessore, con la medesima (nel senso che è proprio la stessa di Arkham City, con tanto di Wonder Tower) porzione di città innevata tutta da esplorare, con in più un'altra frazione di metropoli inedita ed una notevole quantità di sub quest da affrontare. E Batman svolazza sempre come un acquilone, picchia i malviventi (col solito impeccabile e godurioso combat system), raccoglie informazioni, facendo ogni tanto capolino alla Batcaverna, più bella a vedersi che altro. 


E si, ci sono anche i millemila "trofei" dell'Enigmista da raccogliere. 


Insomma, definire Batman: Arkham Origins un vero e proprio seguito di Arkham City è quasi del tutto errato. Nel senso che il titolo WB è talmente simile al precedessore come meccaniche, stile e narrazione che sarebbe più onesto parlare di add-on (anzi no, le differenze ci sono, ma si tratta più che altro di piccoli passi indietro dal punto di vista grafico).


Sarebbe come dire che Cecilia e' la piu' gnocca tra le due sorelle Rodriguez.





La speranza è che il VERO terzo capitolo della serie sia segretamente in lavorazione in quel di Rocksteady, magari per la prossima generazione di console. 


PS: se avete più di vent'anni e vi piaceva la serie animata, vogliatevi bene e settate la lingua inglese parlata dal menù iniziale. Eviterete di incappare in uno spoiler abbastanza grosso dopo soli 3 minuti di gioco, dovuto al sempre preciso e professionale doppiaggio in lingua italiana. A meno che non siate diventati improvvisamente sordi o quasi ciechi. Come un pipistrello che si e' toccato troppo le vergogne guardando il video di Belen.

domenica 20 ottobre 2013

Come un Tuono


Come quasi ogni sera, per recarmi al lavoro percorro in bicicletta il camminamento lungo le mura della mia città, un tratto di strada alberato leggermente in pendenza, piastrellato, perfetto per le due ruote.
Ad un tratto, un bimbo che si trovava pochi metri più avanti (anch'egli bici munito) ed accompagnato da quelle che ipoteticamente potevano essere la madre e la zia, mi nota. Lui, capelli con una cresta biondiccia leggermente accentuata, in quella fascia d'età (8/9 anni, credo) troppo grande per definirlo "bel bimbetto", ma neanche troppo piccolo da gridargli "stronzetto".
Costui, una volta notato il mio mezzo e l'andazzo sostenuto, coglie la palla al balzo e, lasciandosi alle spalle le due genitrici (o chi per lui), ingaggia senza pensarci due volte con il sottoscritto una furiosa corsa per il traguardo (immaginario, suppongo).
Il bimbetto accelera clamorosamente, tant'è che mi sorpassa rischiando di travolgere dopo pochi secondi dall'inizio della corsa, una fila di tre signorine che camminavano l'una di fianco all'altra.
Io mi pongo al lato destro, molto vicino agli arbusti, assicurandomi così una traiettoria priva di ostacoli. Ad un tratto, però, vedendo che nonostante i ripetuti gesti di sfida che mi lanciava io non raccolgo l'affronto, il Ryan Gosling in miniatura sterza di colpo frenando di botto, ponendosi così orizzontalmente e lasciando una vistosa striscia di gomma sulla pavimentazione.
Ovviamente, ormai immobile e costernato dal fatto che non abbia reagito come il "fifone" della situazione, l'unica cosa che può fare il bulletto è lanciarmi un'ultima, temibile, occhiata, mentre quasi a passo d'uomo mi allontano all'orizzonte.

Fine? No, c'è la morale.

Questa storia, mi fa arrivare ad una semplice conclusione: che codesto centauro in miniatura un giorno poserà la bici a favore di uno scooter modificato, per poi passare ad una moto 125 con cui andrà a tutta birra in superstrada, per poi optare definitivamente per una macchinona dai colori improponibili, di quelle coi led luminosi alla Fast & Furious, che sarà un bel giorno attratta magneticamente da un platano, alle 6:15 di mattina, al rientro dalla discoteca. O peggio, Dio non voglia, magari investendo prima un innocente all'uscita da scuola, dalla palestra o da casa.

No, con questo non sto certo augurando la morte di nessuno.
Credo solo che stasera io stato accidentalmente la prima "vittima" di quello che un giorno sarà un vero e proprio pirata della strada, nell'anima e nello spirito prima ancora che nell'acceleratore.

E Dio ce ne scampi.

venerdì 18 ottobre 2013

Craven Road 7: Il fan film che mai fu

Chi mi conosce abbastanza bene sa che sono un lettore di Dylan Dog. E che 5 mesi fa ho deciso di interrompere, dopo oltre 100 numeri di onorato collezionismo, il mio rapporto col personaggio. Ma qualcuno in quel di Bonelli deve aver pensato: "Oh, Pavo non compra piu' Dylan. Dobbiamo far si che ricominci!". Difatti, una manciata di giorni dopo il mio lascito ufficiale, Roberto Recchioni (quello di Mater Morbi per capirci) ha preso in mano il personaggio e tutte le sue testate, promettendo un ritorno alla tradizione ma con innovazione.

Non vi parlerò del numero 325 (l'ho già fatto dopotutto) che ormai è già "roba vecchia", bensì ne approfitto per ripubblicare, a tre anni di distanza, un promo, anzi, un omaggio realizzato dal sottoscritto e dal mio "amico regista" Alberto per il celebre personaggio dei fumetti creato da Tiziano Sclavi, prologo ad un presunto corto ispirato all'Indagatore dell'Incubo (che non vide mai la luce).


Ah, la canzone è "Maybe Not" di Cat Power.

domenica 13 ottobre 2013

Il retrobottega misterioso


Mi sveglio nel tardo pomeriggio dopo due, misere, ore di sonno. La sensazione e' sempre quella di avere 39 febbre (ma son coglione io che insisto nel dormire dopo pranzo, ma non posso farne a meno ultimamente). Mentre mi lavo i denti, la mia Lei mi squilla. E' sotto casa, che mi aspetta. Sputo nervosamente il dentrifico misto all'acido muriatico del dopo sonno e mi fiondo per strada. L'ora e' quella giusta, il sole inizia a calare. Un flebile venticello mi distrae dal rincoglionimento post-dormita, ma non basta.
"Facciamo caffe' al volo?". La mia Lei annuisce. Dopotutto sa, quasi piu' di me, quanto un sonnellino pomeridiano possa devastare il corpo e lo spirito.
Giungiamo quindi al bar vicino casa, un posto abbastanza sfigato e lontano quanto basta dalla strada principale, dettaglio questo che e' costato tre (o quattro) fallimentari cambi di gestione. Ma poco importa. Il locale è ora caratterizzato da un abbondante uso di bianco, da pochi pezzi d’arredo e qualche sgabello, anche fuori. Mentre sorseggio avidamente la mia dose di caffeina, rigorosamente zuccherata x2, noto un dettaglio che rimanda alla memoria la mia adolescenza, o addirittura ad un periodo precedente. Il "retrobottega".
Ma prima, facciamo un salto nel passato. Anni '90, l'inizio. Erano le estati de "al pomeriggio ci vediamo al campetto". Le estati delle uscite con gli amichetti sotto il cortiletto del proprio condominio. Dei primi discorsi sul senso della vita e dell'amore, magari leccando avidamente un ghiacciolo al limone (segaioli mentali si, ma anche sudati). Ma era anche il periodo in cui le sale giochi erano un fiorire di elementi poco raccomandabili, aria irrespirabile e coin-op. Tanti, tantissimi, coin-op. Tuttavia, i cabinati giusti potevi ritrovarli ovunque, anche sotto casa. E appunto, la mia fortuna era avere non uno, ma bensì tre cassoni d'antologia (più un Flipper) proprio al baretto sotto casa, nascosti in uno stanzino rettangolare discretamente buio, situato proprio dietro al bancone.
Il "retrobottega" per l'appunto.
Inutile citarne i titoli, non li ricordereste (anzi, invece lo faccio: Knights of the Round, Samurai Shodown e, ovviamente, sua maestà Street Fighter II). Praticamente, la Santissima Trinità videoludica. Ed ogni pomeriggio, era un tintinnio di monete, 200 lire in tasca e grida di ludogodimento. Anno 2000 e 13. Il tempo è trascorso, i capelli son caduti (divenendo barbaccia incolta) e le Lire sono diventate cenere. Ma quel "retrobottega" è ancora li, poco illuminato, nonostante il bianco ne indori le fattezze. Seduta stante non ho osato avvicinarmici, al di fuori di una fugace occhiata. Non ho osato varcare la soglia della stanza, quasi come se una barriera invisibile mi precludesse l'accesso. Il perché è presto detto: dei cabinati, sicuramente, non vi è più traccia. Le sale giochi sono morte, è un dato di fatto, e i coin-op sono diventati pezzi da museo (al di fuori di qualche cassone contenente 40 titoli emulati più o meno decentemente, magari avvistabili in qualche localaccio del lungomare).
Ma il mio terrore era che, una volta entrato in quello stanzone, mi sarei ritrovato in ginocchio ad imprecare osservando le odiose macchinette mangiasoldi del video poker e le slot machine, vero e proprio cancro di questa italietta tutta Gratta & Vinci e Superenalotto, capaci di mandare sul lastrico l'imprenditore tanto quanto il pensionato. Come spesso si dice in questi casi: occhio non vede, cuore (di videogiocatore) non duole. Quindi, finito il caffè, la mano afferra il portafogli per pagare il tutto. Senza pensare che, solo pochi anni addietro, la sola richiesta era perennemente quella di "spicciare le 5.000 Lire in monetine da 200".
Tempo canaglia.
Uscito dal bar, il sole è sempre più basso e, mano nella mano con la mia Lei, ci appropinquiamo a procacciarci del cibo. Ma la sensazione è quella d'aver lasciato sbadatamente qualcosa nel bar, di aver perduto (di nuovo) un pezzo d'infanzia. Quell'infanzia spensierata fatta di cazzeggio imperturbabile, monetine e tanto, tanto divertimento.
Che sia anche solo schiaffeggiare i cavalieri di Re Artù o picchiare un karateca rosso o bianco.
Andiamo a mangiarci su, va.

lunedì 7 ottobre 2013

[MY TWO CENTS REVIEW] Grand Theft Auto 5


Ricordo ancora un mio vecchio collega del settore (grasso e simpatico all'epoca, oggi mi si dice sia diventato un fighetto), che sulle pagine dell'allora prestigiosa rivista "Videogiochi", nell'angolo della posta chiedeva se "cazzeggiare a Vice City fosse ancora considerato videogiocare". Era il 2002. Sono passati 11 anni. Undici. E nononostante il progresso tecnologico abbia fatto passi da Tirannosauro superdotato, siamo ancora qui, a chiederci se investire vecchiette o caricare (e successivamente uccidere) prostitute a Los Santos sia videogioco in senso stretto. Forse, semplicemente, non esiste risposta a questa domanda: esiste solo lo zilione di cose da:

fare
vedere
toccare
provare
ammazzare
prendere
ammirare
distruggere 
rubare
provocare
scalare
sparare
lodare
investire
corrompere
ascoltare
urtare
scopare
perculare
devastare
affogare
lanciare
storpiare
gambizzare 
spaccare
smembrare
comprare 
mangiare
visitare

Ma il gioco? Rockstar, come da tradizione, riempie di attivita' collaterali il suo mega mini mondo, ma con una struttura da third person shooter che sa di vecchio, ed un modello di guida arcade che piu' arcade non si puo' (il tutto, triplicato per tre personaggi: il nigga, l'uomo di classe e il pazzoide). E poi c'e' il concetto di "volgarita'", che a Los Santos assume una nuova concezione (il "fuck" sostituisce il "ciao"). Ma al di fuori di questo puzzonasismo una roba del genere non si era mai vista, contenutisticamente parlando. E mai si vedrà per i prossimi 10 anni, ne in questa ne tantomeno nella prossima generazione.

Perché il concetto di "libertà videoludica" assume in GTA 5 un sapore realmente inedito; un piccolo passo per il videogiocatore, un grande passo per il videogioco. Sempre che cazzeggiare sia videogiocare, chiaro.

domenica 29 settembre 2013

Un altro blog del ca**o

Da Wikipedia:

"Il casual game è un tipo di videogioco generalmente destinato ad un pubblico differente dal tipico utilizzatore di questi prodotti: secondo alcune ricerche, infatti, ha una età media superiore alla media ed è di sesso femminile. Si differenziano per un regolamento molto semplice e per il minore impegno richiesto per il loro utilizzo. Non richiedono particolari abilità o concentrazione, e grazie alla loro natura sono spesso produzioni dotate di un basso budget di investimento da parte dei produttori."

Intro doverosa, visto e considerato il nome, per inaugurare il mio blog. L'ennesimo, nella miriade presenti sul web. In verità, è proprio questo semplice ragionamento che mi ha quasi portato a cestinare il progetto, mosso dall'altrettanto semplice concetto del "ve ne sono troppi in giro"; decine e decine di blog ad personam, alcuni assolutamente meritevoli, altri fatti invece con lo stampino, riguardanti sempre e solo le solite menate.

Ma se vi dicessi che qui, diversamente da altre parti, potrete leggere le farneticazioni di un videogiocatore vecchio e bacchettone che non si preoccupa di platinare (che termine idiota) l’ennesimo sparatutto, che un Joypad non è un Joystick e che talvolta si lascerà andare ad elucubrazioni sul senso della vita (alias, seghe mentali), difendendo a spada tratta l’ennesimo videogioco-film-fumetto che la critica puzzonasista ha stroncato (ma solo perché sa che tutti lo ritengono segretamente una figata pazzesca), inserendoci magari anche un po' della cara e vecchia gnocca?

Insomma, l’ennesimo avvocato delle cause perse, in salsa videoludica, cinematografica e … lo scoprirete leggendo.

Che dire, buona lettura a tutti.

Se di “lettura” si può parlare.


Marcello "Pavo" Paolillo


PS: Ovviamente manca ancora tutto; post, link, orpelli vari e cotillon. Appena prenderò mano con questo semplicissimo editor, renderò il mio blog ancora più sfarzoso. Abbiate pazienza...